UN PO’ DI STORIA

La prima menzione oggi nota della comparsa delle corde filate risale al 1659 (Samuel Hartlib Papers Project; Ephemerides: “Goretsky hath an invention of lute strings covered with silver wyer, or strings which make a most admirable musick. Mr Boyle. […] String of guts done about with silver wyer makes a very sweet musick, being of Goretskys invention”)  seguita poi da John Playford: “An Introduction to the Skill of Music….”) nel 1664. Ma la loro successiva diffusione, nei primi decenni dalla loro comparsa, non fu affatto rapida bensì a ‘macchia di Leopardo’.

L’Italia, paese da sempre rinomato per la produzione di corde armoniche, ci riserva un documento del 1677  dove, in una fattura del liutaio Alberto Platner, si legge: “…due corde di violone, una di argento et un’altra semplice…”).

Risalgono a dopo il 1690 le prime rappresentazioni iconografiche di strumenti musicali ad arco utilizzanti tali corde (vedere le opere pittoriche di Anton Gabbiani, Firenze oppure del pittore francese Francois Puget, Parigi 1688 e anche altri autori).

Secondo Rousseau (Traité de la Viole, 1685), fu il violista Sainte Colombe che le introdusse per primo in Francia intorno al 1675 ma il principale trattato Inglese per Liuto e Basso di Viola risalente alla seconda metà del XVII° secolo (Thomas Mace: “Musick’s Monument”  London 1676) ancora non le nomina limitandosi a descrivere ancora bassi in puro budello: i Lyons e i rosso cupo Pistoys.

Claude Perrault (Ceuvres de physique […], Amsterdam 1680 pp. 214-5) così intitola un suo paragrafo: “Invention nouvelle pour augmenter le son des cordes”. Si tratta naturalmente delle corde rivestite.

Nel manoscritto di James Talbot (1700 circa) i bassi dei Liuti, del Violino e del Basso di Violino sono ancora quelli usuali in solo budello: vale a dire i Lyons e le Catlins.

Nei primi decenni del XVIII° secolo le corde filate presero quasi ovunque il sopravvento rispetto ai bassi tradizionali di solo budello sia sugli strumenti a pizzico e sia su quelli ad arco rivoluzionando totalmente la maniera di fare musica sino ai nostri giorni.

 

E’ di recente scoperta un documento romano del 1719 dove non solo viene indicato per la prima volta per iscritto l’utilizzo di una quarta corda di tipo rivestito per il Violino alternativa al consueto budello nudo ma anche nei riguardi dei suoi  dati costruttivi; vale a dire il diametro dell’anima e di filo metallico da utilizzare (vedere Patrizio Barbieri, 2016: “Musical instruments, gut strings, musicians and Corelli’s Sonatas at the Chinese Imperial Court: The gifts of Clement XI, 1700-1720”).

 

Una importante testimonianza circa l’uso di una quarta corda di tipo rivestito ci viene dal conte Giordano Riccati (“Delle corde ovvero fibre elastiche…”1767) e poi, lungo il corso del XVIII secolo anche da diversi altri documenti italiani, francesi, austriaci, tedeschi e inglesi; dove viene descritto l’utilizzo di corde rivestite anche per i seguenti strumenti:  Viola da braccio, Violoncello,  Contrabbasso, Basso di viola e infine il Pardesus.

Dalla metà del Settecento comunque l’uso delle corde rivestite diventa lo standard ovunque; verso il 1750-60  il Violoncello passa ad utilizzare anche una terza corda di tipo rivestito.

 

 

CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE TIPICHE DELLE CORDE RIVESTITE DEL XVIII-INIZI XIX SECOLO

  1. Utilizzo di filo metallico a sezione esclusivamente rotonda
    b) Utilizzo di metalli quali il rame, l’argento puro, il rame argentato e l’ottone. Non esistevano ancora metalli quali l’alluminio, il Tungsteno (o Wolframio) o leghe speciali etc il cui impiego cominciò soltanto verso la prima metà del XX secolo
    c) Anima di budello naturale in alta torsione
    d) Assenza di seta tra anima e filo metallico di ricopertura
    e) Diverso bilanciamento tra l’anima e l’avvolgimento metallico rispetto alle corde rivestite moderne (anche se realizzate su anima di budello).

Le corde venivano realizzate mediante l’uso di macchine avvolgitrici molto semplici:

LE TIPOLOGIE DI RIVESTITE IN USO

Le tipologie di corde rivestite in uso tra la fine del XVII secolo e la fine del XVIII si possono ricondurre a tre specie:
1) Corde rivestite su anima di budello con avvolgimento metallico a spire accostate
2) Corde rivestite su anima di budello con avvolgimento a spire non accostate
3) Corde rivestite su anima di budello con doppio avvolgimento metallico a spire accostate

Nella seconda metà del XVIII secolo le corde di tipo 1) cominciarono ad essere realizzate anche su anima di seta ma solo per gli strumenti a pizzico (prove pratiche da noi eseguite hanno dimostrato che le corde di seta rivestita non lavorano bene sotto l’arco). Le corde a filatura accostata su anima di budello furono quelle che caratterizzarono poi tutto il XIX secolo fino ai primi decenni del XX, dove subito dopo la grande guerra cominciarono a diffondersi quelle filate in alluminio e/o quelle con il filo metallico parzialmente levigato.

Le corde di tipo 2) furono chiamate dai francesi del XVIII secolo corde a ‘demì’ o più genericamente demifileè.
La loro caratteristica costruttiva risulta chiaramente deducibile dal nome: si tratta di corde il cui avvolgimento presenta una spaziatura tra spira e spira pari al diametro del filo o leggermente di più per gli strumenti a pizzico (questa preziosa indicazione costruttiva -l’unica del XVIII secolo- ci viene da Le Coq, Parigi 1724 a proposito delle corde per Chitarra a cinque ordini):

mentre per gli strumenti ad arco si ipotizza che il filo metallico fosse più spiralizzata (in questo modo il crine dell’arco non si trova incanalato):

(Ecco la nostra traduzione di quello che Stradivari scrisse: ‘Questi sono i campioni delle tre corde grosse; la corda che mostra attraverso le sue spire che l’anima è fatta di budello và ricoperta con una spira molto aperta ad imitazione della pianta Vitalba

 

Esempio di Vitalba

La prima menzione di questa tipologia di corda risale tuttavia al 1712 (Sebastien De Brossard: ‘Fragments d’une méthode de violon’, manoscritto)
mentre l’ultima di nostra conoscenza è del 1782 (Jean-Benjamin De Laborde ‘Essai sur la musique ancienne et moderne).

Le corde demifilèe -realizzate sempre su anima di budello- venivano utilizzate in Francia talvolta come sia come ‘Do’ quarta corda del Basso di viola a sette corde (vedere la lettera di G. B .Forqueray al principe Friederich Wilhelm del 1768) che come terze del Violino (Brossard 1712 e Laborde 1782):

GLI STRUMENTI A PIZZICO DEL XVIII SECOLO E LE CORDE RIVESTITE

-Chitarra a cinque ordini

oltre al già citato Le Coq, 1724 possediamo altra documentazione che ci conferma l’impiego di corde rivestite sia con anima di budello (Corrrette 1761 ca) che di seta (Don Juan Guerrero: “Methode pour Aprendre a Jouer de la Guitarre”. Paris 1760):

-Mandolini a 4 e 6 ordini

La documentazione del XVIII secolo testimonia sia l’uso di corde a demì su anima di budello che bassi a rivestimento accostato su anima di seta o anche budello (Metodi di Fouchetti e di Corrette, Parigi 1771-72):

-Liuto e Gallichon

La prima menzione dell’uso concreto delle corde filate su anima di budello risale al 1715 (Germania); sono stati scoperte in seguito diverse altre fonti scritte del XVIII secolo francesi ma soprattutto tedesche che confermano il fatto che il liuto a 11 e 13 ordini utilizzava bassi rivestiti su anima di budello. Alcuni indizi sia a livello di reperti sopravvissuti che di iconografia portano a credere che fossero di tipo demifilè (prove esaustive da noi fatte con anima di seta hanno portato invece a risultati piuttosto deludenti sia in termine di qualità acustica che di natura meccanica).

Ecco ad esempio dei frammenti di corde basse ritrovate in un liuto di Raphael Mest che si trova a Linkoping (Svezia) seguiti da una iconografia tedesca/austriaca presumibilmente della metà del XVIII secolo:

 

Esempio di Liuto in Re minore montato con bassi demifilè su anima di budello al netto delle informazioni storiche:

 

 

Del Gallichon  si è ritrovata questa interessante iconografia di origini tedesche riconducibile alla metà del XVIII secolo che, assieme a delle considerazioni  di natura generale sulle caratteristiche costruttive dello  strumento, suggeriscono fortemente l’utilizzo di bassi a filatura accostata su anima di seta (come del resto già in uso nella chitarra a 6 ordini spagnola); ipotesi supportata anche da nostre prove pratiche:

-Arpa

La documentazione storica e l’iconografia francese testimoniano sia l’impiego di bassi rivestiti su anima di seta (Baud, 1797-98, Versailles) che di tipo demifilè, su anima presumibilmente di budello:

(Notare le corde del violino che si trova dietro l’arpa: 4a filata argento e tre in budello)

 

Alla fine del XVIII secolo le corde a demì andarono in disuso sia a causa della scomparsa degli strumenti specifici che le utilizzavano (Basso di viola, Chitarra a 5 ordini, Liuto etc) e sia perchè vennero sostituite, negli strumenti a pizzico, da quelle di tipologia 1) avvolte su anima di seta che portarono alla comparsa della  chitarra a 6 corde semplici:

Esempio di corde basse filate su seta per chitarra spagnola a sei ordini risalenti al 1810-12

MA PERCHE’ LE CORDE FILATE VENNERO FATTE DEMIFILE?

Contrariamente a quanto comunemente si crede, le corde demifilèe non furono corde progettate per avere una sonorità di ‘transizione’ tra le superiori in budello nude e i bassi seguenti a filatura accostata. Per ottenere questo scopo sarebbe bastata una normale corda a filatura accostata con rapporto anima/filo metallo a favore dell’anima. La vera ragione è di natura tecnologica: la ricerca  sulla tecnologia dei fili metallici del XVIII secolo ha portato alla luce il fatto che a quel tempo non erano in grado di realizzare fili metallici così sottili tali da poter accedere alla filatura di tipo accostato (per esempio il gauge più sottile della scala di Creyseul, metà sec XVIII, riguardante i gauge di fili metallici per clavicembalo è il n° 12, pari a  0,15 mm circa. Vedere anche sul tema: James Grassineau : “A musical Dictionary” London 1740).

La soluzione di ricoprire un’anima spaziando il filo metallico risolse brillantemente il problema introducendone uno di nuovo legato alle potenziali difficoltà condotta dell’arco e fragilità del rivestimento metallico al capotasto.

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Corde di tipologia 3:

Si suppone che esse siano state utilizzate anche nel corso del XVIII secolo (G.B. Forqueray nella sua lettera del 1768 spiega al principe Wilhelm che le corde gravi del Basso di viola non devono mai essere realizzate doppiamente ricoperte ma a filatura semplice: chiara indicazione questa che le corde a doppia ricopertura erano comunque note/utilizzate anche in quei tempi); significa che furono forse la soluzione strategica per quei particolari strumenti ad arco caratterizzati dall’avere una lunghezza vibrante molto corta in relazione alla loro accordatura .

Citiamo ad esempio il Violoncello/Viola da Spalla ma, andando più sul sicuro,  anche la 5a corda in Si grave aggiunta al Contrabbasso nel tardo XIX secolo.

Vivi felice

Mimmo Peruffo