Ho montato una corda tipo venice dello stesso diametro della precendente (che era di tipo ordinario in alta torsione) ma risulta più molle al tatto: perché?
Due corde dello stesso diametro e fatte dello stesso materiale (in condizioni di parità di l. vibrante ed intonazione), secondo la formula delle corde, manifestano anche la medesima tensione di lavoro. Questo è però vero a condizione che il diametro rimanga il medesimo, per entrambe, anche in stato di trazione.
In pratica questo si verifica soltanto se si è in presenza di corde fatte esattamente nella medesima, identica maniera. In altre parole esse devono manifestare -a parità di Kg- lo stesso cedimento longitudinale e, di conseguenza, la stessa riduzione percentuale di diametro (evidenziato ad esempio dallo stesso numero di forniti giri al pirolo in fase di accordatura).
Un corda tipo Venice, per sua natura, si allunga molto di più di una in alta torsione ordinaria. Di conseguenza, a parità di frequenza di intonazione, il suo diametro si ridurrà percentualmente di più.
Da qui la necessità di utilizzare un calibro di partenza un pò più grosso: sotto tensione, il nuovo assetto di calibro andrà ad eguagliare quindi quello della corda ordinaria .
La tensione di lavoro sarà dunque finalmente eguale.
In pratica il diametro corretto di una Venice si ottiene moltiplicando per il coefficiente 1,07 il calibro di una data corda in alta torsione da rimpiazzare.
E’ vero che la chitarra, nel corso del xix utilizzò corde rivestite su anima di budello?
No: l’esame della documentazione storica ha sinora ampiamente dimostrato che sia la chitarra a sei corde doppie (Spagna del tardo Settecento-inizi secolo seguente) o a corde semplici utilizzò esclusivamente bassi rivestiti su anima di seta.
La seta, nei bassi della Chitarra, rimase in uso fino alla comparsa commerciale del multifilamento di nylon vale a dire intorno al 1946-50.
Ho montato una corda tipo venice dello stesso diametro della precedente (che era di tipo ordinario in alta torsione) ma risulta più molle al tatto: perché?
Due corde dello stesso diametro e fatte dello stesso materiale (in condizioni di parità di l. vibrante ed intonazione), secondo la formula delle corde, manifestano anche la medesima tensione di lavoro. Questo è però vero a condizione che il diametro rimanga il medesimo, per entrambe, anche in stato di trazione.
In pratica questo si verifica soltanto se si è in presenza di corde fatte esattamente nella medesima, identica maniera. In altre parole esse devono manifestare -a parità di Kg- lo stesso cedimento longitudinale e, di conseguenza, la stessa riduzione percentuale di diametro (evidenziato ad esempio dallo stesso numero di forniti giri al pirolo in fase di accordatura).
Un corda tipo Venice, per sua natura, si allunga molto di più di una in alta torsione ordinaria. Di conseguenza, a parità di frequenza di intonazione, il suo diametro si ridurrà percentualmente di più.
Da qui la necessità di utilizzare un calibro di partenza un pò più grosso: sotto tensione, il nuovo assetto di calibro andrà ad eguagliare quindi quello della corda ordinaria .
La tensione di lavoro sarà dunque finalmente eguale.
In pratica il diametro corretto di una Venice si ottiene moltiplicando per il coefficiente 1,07 il calibro di una data corda in alta torsione da rimpiazzare.
E’ vero che la chitarra, nel corso del xix utilizzò corde rivestite su anima di budello?
No: l’esame della documentazione storica ha sinora ampiamente dimostrato che sia la chitarra a sei corde doppie (Spagna del tardo Settecento-inizi secolo seguente) o a corde semplici utilizzò esclusivamente bassi rivestiti su anima di seta.
La seta, nei bassi della Chitarra, rimase in uso fino alla comparsa commerciale del multifilamento di nylon vale a dire intorno al 1946-50.
E’ vero che la chitarra, nel corso del xix utilizzò montature di corda con tensioni assai leggere rispetto ad oggi?
No, la documentazione sinora reperita (con particolare riferimento ad alcuni metodi di Sor, Carulli ed Aguado) dimostra che la chitarra di allora utilizzava i medesimi calibri medi del violino coevo; si tratta in pratica di tensioni di lavoro paragonabili a quelle delle odierne chitarre classiche.
Unica eccezione le montature per chitarre napoletane dei primi decenni del XIX secolo (Fabbricatore, ad esempio): alcuni documenti dimostrano l’impiego di calibri leggermente più leggeri di quelli del violino.
Il profilo di tensione tra le sei corde fu inoltre decisamente meno scalare di quello attualmente seguito in tutte le montature commerciali sino a rasentare l’eguale tensione propriamente detta.
Si suggerisce di verificare sempre preventivamente (e con cura) lo stato di incollatura del ponticello qualora si intenda dotare una chitarra originale di una montatura di corde.
Ho montato delle venice in budello come corde gravi per il mio basso di viola da gamba ma sono scontento perchè sono quasi del tutto afone (la sesta soprattutto) : perchè?
Questo è un problema che si riscontra di frequente e non è, in genere, imputabile alle corde.
La causa principale è dovuta al fatto che lo strumento presenta probabilmente una lunghezza vibrante eccessivamente corta per l’intonazione richiesta e, soprattutto, in relazione al fatto che si vuole una montatura in tutto budello.
Prima della diffusione delle corde rivestite -apparse dopo la metà del XVII secolo- la famiglia delle Viole da gamba presentava lunghezze vibranti piuttosto notevoli rispetto a quelli oggi tradizionalmente in uso.
Dalle tavole di Marin Mersenne ad esempio si calcola che il Basso di viola in Re possedeva una lunghezza vibrante di circa 85 cm contro i tipici 68-70 cm di un basso di viola attuale. La stessa cosa in proporzione con il Tenore in sol: 55-56 cms attuali contro i 60-62 cm del tardo Cinquecento/ prima metà del Seicento.
Gli strumenti del tempo possedevano una lunghezza vibrante maggiore allo scopo di far lavorare i cantini nei pressi della rottura (Indice di lavoro non inferiore a 220 Hz x mt: vedere questa faq). Solo per mezzo di questo artificio si poteva infatti garantire il minimo diametro di tutte le corde, bassi in testa.
Lunghezza vibrante e diametro sono infatti inversamente proporzionali.
Una riduzione del diametro di una corda ( a parità di tensione, si intende) comporta sempre un benefico effetto sia nella qualità del suono prodotto che nella facilità di attacco sotto l’arco. Esattamente quello che serve ai bassi, le corde più critiche per eccellenza.
Viceversa, se la lunghezza vibrante risulta più corta ecco allora che le corde vanno ad assumere range di diametri superiori andando a peggiorare la resa acustica per l’aumentato coefficiente di smorzamento interno alla corda (indice di ‘inarmonicità’).
Le soluzioni? Essenzialmente tre:
- Utilizzare strumenti con lunghezze vibranti tipiche del periodo precedente la comparsa delle corde rivestite; vale a dire 82-85 cm per il Basso; 61 cm circa per il Tenore e circa 41 cm per il Soprano per le proporzioni relative tra gli strumenti (vedere Thomas Mace: Musik’s monument […], the author & John Carr, London 1676). In questo modo una montatura in puro budello suonerà in maniera eccellente e pronta.
- Se si può (nel senso che l’altezza del ponticello lo permette) spostare il ponte verso la base delle ‘C’: così facendo si incrementa la lunghezza vibrante a beneficio della resa acustica globale; ricordarsi di calcolare i diametri tenendo conto di questa modifica.
- Impiegare corde basse di tipo ricoperto (questo soltanto nel caso non si possa disporre di uno strumento più idoneo o non si intenda sfruttare l’accorgimento -peraltro storico- di ricollocare il ponte più in basso).
E’ vero che se una corda di budello è stata piegata bruscamente allora è rovinata?
Una corda di budello che è stata piegata di netto manifesta, nel punto della piega, un tratto biancastro. Questo effetto è dovuto ad una leggera perdita di coesione tra le fibre ma non indica affatto che la corda è danneggiata. In altre parole la corda è ancora perfettamente integra.
Il mio strumento presenta un ‘lupo’: cosa posso fare?
Provate ad annodare le corde come facevano talora gli antichi:
Non esiste purtroppo un’indicazione esatta su come procedere: occorre pertanto agire per via sperimentale via via con ciascuna corda. Da non applicare alle corde rivestite!

Volevo comunicarvi il diametro esterno di una corda filata del mio strumento pensando che fosse un dato utile per il calcolo della corda nuova di cui ho bisogno ma mi è stato risposto che questo dato non serve a nulla: è vero?
Si. La misura del diametro esterno risulta utile soltanto nelle corde composte da un solo materiale, come ad esempio quelle in budello nudo, in Nylon o in Nylgut, o in solo metallo. Le corde rivestite sono corde composite, costituite cioè da materiali diversi accoppiati assieme.
Una corda rivestita si caratterizza invece per questi due parametri:
- il suo ‘Budello Equivalente’
- il suo ‘Indice di Metallicità’
Budello Equivalente
Essendo le corde filate costituite dall’accoppiamento di materiali di natura eterogenea si è convenuto di caratterizzarle in termini di budello equivalente: ci si riferisce in pratica al diametro di una corda di budello teorica che possiede lo stesso peso della corda filata in esame, per lunghezza unitaria. Alla stessa intonazione e lunghezza vibrante si avrà pertanto la stessa tensione di lavoro. E questo dato è utile per il calcolo dei diametri necessari.
Come si fa a ricavare il budello equivalente di una corda rivestita da sostituire e di cui non conosciamo nulla?
Risposta: si pesa la corda con una bilancia che rilevi i grammi e se ne misura poi l’intera lunghezza. A questo punto si divide il peso in grammi per la lunghezza in metri. Il numero che ne risulta si mette sotto radice quadrata: questo è il budello equivalente (espresso in mm).
Esempio: la mia corda filata pesa 35,5 grammi ed è lunga 98 cm.
Quindi: 35,5 gr/0,98 mt= 36,22 (ora si fa la radice quadrata di questo valore…) = 6,05 mm
In pratica la corda filata in esame equivale ad una corda di budello teorica pari a 6 mm di diametro.
Indice di Metallicità
A parità di budello equivalente una corda filata può essere realizzata con innumerevoli rapporti tra la percentuale di metallo e quella del budello.
Ovvio che all’aumentare dell’uno corrisponda il calare dell’altro, questo al fine di mantenere costante il peso totale della corda, ovvero il suo budello equivalente.
Maggiore sarà la prevalenza del budello rispetto al metallo, e più la sonorità tenderà ad essere opaca. L’esatto contrario nel caso vi sia più metallo. Il rapporto corretto tra la percentuale di metallo rispetto alla percentuale dell’anima è un dato dettato puramente dal gusto estetico il quale si rifà a quel particolare impasto timbrico/ dinamico che si ha in mente e che viene giudicato soggettivamente ‘bello’.
Non esiste in altre parole una formula che ci possa dire quale è il giusto grado di bilanciamento. Si vuole con questo affermare che, una volta stabilito il valore del budello equivalente di una corda (in altre parole la sua corretta tensione di lavoro), il bilanciamento tra metallo e l’anima è ricavabile esclusivamente con l’esperienza. L’Indice di Metallicità è legato anche alla posizione occupata dalla corda in seno allo strumento. E’ evidente in altre parole che la terza corda rivestita del violoncello dovrà possedere un Indice di Metallicità inferiore a quello della quarta. Questa ultima corda infatti dovrà possedere una maggior prevalenza percentuale del metallo di ricopertura rispetto all’anima (incremento dell’Indice di Metallicità) al fine di compensare la naturale perdita di brillantezza per il minor valore dell’Indice di Qualità Acustica (vedere questa faq).
Due corde caratterizzate dallo stesso valore espresso in budello equivalente possono tranquillamente possedere Indici di Metallicità completamente differenti.
E’ il caso ad esempio della quarta corda della viola da braccio e della terza del violoncello. Nel primo caso -il Do della viola- si avrà una netta prevalenza del metallo (Indice di Metallicità maggiore) che non nel Sol del violoncello. Ecco perché non si può montare un Sol di violoncello come Do di una viola: la tensione di lavoro potrebbe anche essere giusta ma con una resa acustica decisamente insoddisfacente.
Perché le corde questa volta ci hanno messo così tanto ad arrivare?
Probabilmente per queste cause:
- perché si aveva successivamente modificato od integrato l’ordine originale
- perché si erano chieste corde per uno strumento speciale o di cui non si conoscevano i calibri
- l’indirizzo non era completo o corretto o mancava il codice fiscale (obbligatorio dal Gennaio 2007)
- non avevi aggiunto un recapito telefonico (obbligatorio nel caso di pacchi corriere o veloci in genere)
- eravamo momentaneamente a corto di alcuni calibri
- sei stato messo in lista di attesa perchè eravamo momentaneamente intasati da ordini
- a causa di un disservizio postale (succede in media 2 volte al mese)