Nel ciclo produttivo del XVI, XVII, XVIII e XIX secolo gli animali il cui intestino veniva comunemente utilizzato nelle corderie di Roma, Napoli, Lione, Monaco etc era sia quello di capra che quello di ovino. Questa seconda categoria veniva a sua volta sottodistinta in budello di agnello, budello di pecora e infine budello di montone.
Nei macelli si abbatteva in realtà di tutto e sempre per soli motivi alimentari; stava poi al cordaio selezionare le budella (provenienti da fonti diversificate e talvolta anche molto lontane) a seconda del loro diametro seguendo la regola a noi pervenuta che i budelli di minor diametro dovevano essere usati solo per le corde più sottili e viceversa.
Risulta particolarmente interessante la particolare situazione di Roma e Napoli, dove nel periodo pasquale venivano abbattuti ingenti quantità di agnelli e capretti ancora molto giovani il cui budello veniva destinato alla fabbricazione dei cantini di Liuto, smerciati poi in tutta Europa.
La situazione comune che si ritrova in numerosi documenti italiani del XVIII e XIX secolo è che con tre/quattro budelli interi si deve ottenere il range di diametri tipici del cantino del violino: i budelli di partenza dovevano dunque essere davvero piuttosto sottili.
Un documento romano della metà del Seicento (Attanasio Kircher, “Musurgia Unniversalis”, Roma 1650) riporta addirittura l’interessante informazione che il cantino del Liuto veniva fatto utilizzando un singolo budello intero di agnello soltanto:
L’utilizzo del budello intero fu dunque la regola in quei paesi (come la Spagna, Portogallo e Italia) dove si disponeva di animali di piccola taglia il cui numero di tre, talvolta quattro budelli accoppiati e ritorti, forniva il range di diametri adatti come prima di Violino.
All’estero invece (Francia, Austria, Germania ecc.) la situazione era ben diversa: i loro agnelli, vuoi per la razza, vuoi per il clima o il tipo di alimentazione avevano dimensioni maggiori di quelli italiani e spagnoli; inoltre non venivano mai abbattuti in tenera età al contrario di quanto accadeva in Italia. A causa del budello di maggior sezione non si riusciva pertanto ad ottenere il diametro adatto al cantino del Violino, bensì maggiore: questo è il motivo principale delle ingenti ordinazioni di cantini per Liuto e Violino rivolti a Roma e a Napoli dalle varie nazioni europee nel XVII, XVIII e XIX secolo. Vi sono diversi documenti del XVIII e XIX secolo, soprattutto francesi che analizzano bene la situazione arrivando alla conclusione che a causa della loro tipologia di ovini risulta impossibile riuscire ad imitare la qualità dei cantini di Napoli.
Da questo tipo di problema venne pertanto la ingegnosa soluzione di fendere a metà e per lungo l’intestino in modo da ottenere delle strisce più sottili in modo da aggirare così l’ostacolo, tecnica usata anche oggi praticamente da tutti i cordai, sia che si tratti di budello di mucca che ovino.
Dai documenti ritrovati sembrerebbe che questa tecnica sia stata introdotta in Germania solo nel tardo XVIII secolo (l’inventore tedesco si guadagnò un premio da parte della municipalità locale) mentre in realtà se ne conosce l’uso sin dalla seconda metà del XVI secolo almeno: negli statuti dei cordai di Roma del 1587; 1591; 1642 e 1678 viene infatti proibito, pena multe salate o anche galera, di fabbricare corde a partire da budelli ‘spaccati nel mezzo’.
Negli statuti dei cordai di Lisbona del tardo Seicento è parimenti scritto che il cordaio che venisse scoperto a mescolare budelli interi con budelli tagliati in strisce verrà costretto a pagare una multa salata:
Si tratterebbe dunque di una frode commerciale. Un documento italiano della metà del 1846 afferma infatti che l’uso di strisce per realizzare le corde invece che usare il budello intero è da considerare come tale e insegna anche come smascherarla:
Ma perché in Italia e Portogallo erano così severi contro chi tagliava/utilizzava il budello in strisce? Non era forse un sistema ingegnoso per poter utilizzare anche dell’intestino più grosso e maggiormente disponibile?
Fino a pochi mesi fa si riteneva comunemente che una corda realizzata in budello intero dovesse avere le stesse proprietà acustiche di una ottenuta invece da strisce. La recente nostra riscoperta del sistema antico in uso in Italia di fabbricare le corde di budello intero ha mostrato invece una realtà completamente diversa: le corde di questo tipo presentano maggiori prestazioni acustiche, raggiungono facilmente una stabile accordatura, sono più resistenti alla trazione e anche molto più stabili ai cambi climatici rispetto alle omologhe realizzate a partire da strisce.
Questa serie di riscontri spiegherebbe definitivamente perché le corde prodotte in Italia (e in misura minore in Spagna) godettero di quella reputazione da sempre decantata nei documenti europei dal tardo XVI sino prima metà del XX secolo e spiegano anche il motivo per cui si vigilava così attentamente che non ci fossero iniziative fraudolente da parte dei cordai locali.
Ma il budello intero suona davvero meglio?
Assolutamente sì.
Come si è prima accennato, le corde in budello intero non tagliato non solo hanno dimostrato una grande resa acustica in termini di volume e di colori ottenibili ma possiedono anche una elevata resistenza alla trazione, rapida e stabile intonazione e tenuta ai cambi climatici. Se ci trovassimo anche noi in quei tempi certamente faremo di tutto per preservare questa qualità perseguitando ogni forma di frode.
Ci siamo chiesti in cosa più consistere la ragione di questa miglior sonorità, stabilità e resistenza meccanica: se realizziamo infatti due corde identiche a partire dallo stesso budello (ma di cui una sia ottenuta da strisce) otteniamo dei risultati molto differenti.
Abbiamo concluso che il possibile ‘segreto’ di questa speciale qualità sia il risultato della conformazione naturale dell’intestino, il quale presenta da un lato una sorta di robusto e sottile ‘laccio’ longitudinale su cui aderisce la sottile e delicata ‘tubazione’ dell’intestino. Durante la fase di torcitura essa si spalma intorno al suddetto laccio che, al contrario, risulta in trazione ai suoi estremi quasi a realizzare una ipotetica corda rivestita la cui anima risulta il citato ‘laccio’.
Ecco il video:
Vivi felice
Mimmo Peruffo