Le Corde per Chitarra tra il Settecento e l’Avvento del Nylon (parte 4)

Tipologie, tecniche manufatturiere e criteri di scelta

di Mimmo Peruffo

Le basi che caratterizzarono la chitarra del XXsecolo furono gettate già verso la secondametà dell’Ottocento e consistettero sostanzialmentenell’avvento della chitarra di Antonio deTorres. Ciònonostante, nessuno a quel tempo poteva lontanamente prevedere il cambiamentoepocale che la chimica di sintesi avrebbe prodottoverso la metà del secolo seguente nel mondodella chitarra. Non ci soffermeremo ovviamentesui dettagli organologici e costruttivi delnostro strumento, dettagli che si possono ritrovarein altre più recenti opere.109 Quello che quiimporta sapere è che con Torres la lunghezzavibrante della chitarra si elevò e si stabilizzò intornoa 65 cm e così è sostanzialmente rimastasino ai nostri giorni, tranne alcune eccezioni comead esempio gli strumenti costruiti daiR a m i rez (67 cm circa di lunghezza vibrante). Sono tuttora ignote le ragioni che spinsero ilgrande liutaio a questo preciso incremento, vistoche la tecnologia cordaia e le frequenze deicoristi non subirono variazioni degne di nota rispettoal consueto.
Per quanto riguarda in particolare la questionedel corista del tardo Ottocento/iniziNovecento, si può anzi ritenere che esso si stabilizzòsostanzialmente intorno ai 435 Hz, fruttodei primi efficaci accordi internazionali di finesecolo.

IL NOVECENTO

Riguardo alla produzione cordaia va purtropporilevato l’inizio di un inarrestabile fenomeno:il brusco tracollo della gloriosa e centenaria produzioneitaliana, asse portante per secoli del farmusica in Europa.110
Mentre in Italia la produzione di corde – diffusa in buona parte della zona centro settentrionale– si caratterizzò sempre come un fatto dinatura esclusivamente artigianale e individualista,in Francia i cordai vantavano invece  l’attenzione dell’amministrazione dello Stato, che li considerava con orgoglio. In Germania la produzione di corde di budello aveva di fatto preso un andamento di tipo industriale. Nonostante la qualitàdel prodotto tedesco lasciasse spesso a desidera re (si trattava di corde sì economiche, ma piuttostorigide),111 i tedeschi, già nei primi decennidel XX secolo, erano in grado di dominare buonaparte del mercato europeo, malgrado la rapidae crescente diffusione tra gli strumenti ad arco– che erano i maggiori utilizzatori di cordea rmoniche – delle corde di metallo.
Le cause del rapido declino italiano, oltre cheper la natura “puntiforme” della produzione nazionale,sono da ricercarsi probabilmente nellegenerali grandi difficoltà economiche che gravavanola popolazione di allora. Tali problemi derivavano in parte dall’ancor fresca Unità d’Italia in un primo momento e dagli eventi bellici del ’15-’18 successivamente. Molti italiani, per sbarc a re il lunario, scelsero la via dell’emigrazione e assieme a questi anche diversi cordai; alcuni di questi riuscirono, tra mille difficoltà, a gettare le basi di quella che sarebbe poi diventata la florida produzione nordamericana (D’Addario, La Bella- Mari etc: tutti cognomi di origine abruzzese).
Non è ancora noto quando la chitarra cominciò a rendersi indipendente dal confronto con le corde del violino. Possiamo supporre che ciò possa essere accaduto in coincidenza con l’aumento della sua lunghezza vibrante: tale “distacco” si rese necessario al fine di mantenere i valori di tensione più o meno invariati rispetto alla consuetudine acquisita, poiché una lunghezza di corda maggiore necessita l’impiego di calibri più sottili. Va infatti notato come il passaggio da una lunghezza vibrante di circa 62 cm (tipica delle chitarre della prima metà del XIX secolo) a 65 cm – quasi un semitono in più di lunghezza – andrebbe a comportare un aumento della tensione di lavoro – se le corde fossero le stesse – di quasi un kg in totale.
Per poter disporre di dati significativi, riferiti esclusivamente alla chitarra, bisogna tuttavia giungere a Pujol.112 In base alle precise indicazioni fornite nel suo Metodo, si osserva così che vi fu effettivamente un lieve calo del diametro medio delle corde acute rispetto al secolo precedente e, fatto importante, compare per la prima volta una certa scalarità della tensione di lavoro; aspetto pressoché sconosciuto alle montature per chitarra del XIX secolo:

Diámetros en décimas de milimetros.*

Prima de 12.5 a 13..5 (0,63-0,68 mm)
Segunda de 16 a 17.5 (0,80-0,88 mm)
Tercera de 20 a 21.5 (1,00-1,08 mm)
Cuarta de 15 a 16 (0,75-0,80 mm esterno)
Quinta de 18.5 a 19.5 (0,93-0,98 mm esterno)
Sexta de 23 a 24 (1,15-1,20 mm esterno)

Al corista di 435 Hz e alla lunghezza vibrante di 65 cm (Pujol possedeva una chitarra Torres) risultano i seguenti intervalli nei valori della tensione di lavoro:**

mi: 7,4-8,6 kg
si: 6,0-8,1 kg
sol: 6,6-7,7 kg

Nonostante si tratti di calibri specifici per chitarra, l’allineamento delle tre acute con i calibri in uso nel violino coevo è ancora sorprendente, e tale si mantenne per almeno un decennio ancora: si osservi ad esempio i diametri per violino suggeriti da Carl Flesh nel 1924:113

NOTA mi DIAMETRO 0,63 mm
NOTA la DIAMETRO 0,82 mm
NOTA re DIAMETRO 1,09 mm

Per quanto riguarda la seconda corda, Pujol suggerisce curiosamente che essa sia la metà esatta dello spessore della terza e il doppio di quello della prima motivando questo con il fatto che “la necesidad de una cierta claridad que secunde en esta cuerda el carácter expressivo de la prima, hace que se prefiera ligeramente delgada, siempre que no cerdée.” [“la necessità di una certa chiarezza che assecondi in questa corda il carattere espressivo della prima fa sì che si preferisca leggermente sottile, sempre che non perda l’intonazione”]. Il significato di questa indicazione non ci è chiaro: dalla tabella emerge invece che il diametro della seconda corda è esattamente la media del diametro tra la prima e la terza corda.
Nel Manuale viene riportato ancora l’antico test per riconoscere una corda falsa da una buona: ciò sta a significare che all’epoca le corde erano ancora levigate a mano. Interessante la descrizione del micrometro della Pirastro per la misurazione dei diametri della corda, strumento che cominciava allora a soppiantare il vecchio misuracorde a piastrina del XIX secolo.
La diretta conseguenza dell’introduzione della tensione scalare fu che la sensazione tattile di rigidità cominciò a manifestarsi con più omogeneità tra le corde.
Ecco ora degli esempi di corde di budello per violino che abbiamo ritrovato: risalgono ai primi decenni del XX secolo e ci possono fornire un utile confronto con quelle della chitarra:

NOTA DIAMETRO OSSERVAZIONI
1a mi 0,66 mm Bustina in carta oleata ‘Bimba,’ London. Alta torsione.
1a mi 0,68 mm Bustina non classificabile. Alta torsione.
3a re 1,14 mm Provenienza non nota. Alta torsione
3a re 1,17 mm Bustina ‘Lustral’, Valtelot-Hekking, Paris. Alta torsione.

Ecco quindi le misure di corde di budello per chitarra risalenti forse agli anni ’40/’50 ritrovate intatte nelle loro confezioni sigillate. Sono contrassegnate con (a) le corde messe gentilmente a nostra disposizione dal l iutaio Lorenzo Frignani di Modena e con (b) i campioni ritrovati nella custodia di una chitarra di To r res del 1867 presente al Palacio de la Guitarra di Ibaraki (Giappone) :

NOTA DIAMETRO OSSERVAZIONI

mi 0,64 mm Bustina in carta oleata ‘Perfect’, Francia. Media torsione. (a)
mi 0,65-0,67 mm Corda avvolta a circolo mai usata. Alta torsione (b)
la 0,84-0,86 mm Corda avvolta a circolo mai usata. Alta torsione (b)
sol 1,02-1,04 mm Corda avvolta a circolo mai usata. Alta torsione (b)
sol 1,0-1,03 mm Corda avvolta a circolo mai usata. Alta torsione (b)
sol 1,02 mm Bustina in carta oleata ‘Perfect’, Francia. Bassa torsione. (a)
sol 1,05 mm Bustina in carta oleata ‘Celesta’, Francia. Bassa torsione. (a)

In queste misure si ritrova una totale analogia con quanto scritto da Pujol, oltre alla conferma della scalarità delle tensioni di lavoro e del legame generico ancora esistente – anche se sottacciuto – con i calibri del violino. In altre parole esso non viene più menzionato come termine di paragone.
Va sottolineata la scarsa elasticità osservata in alcuni campioni di cui sopra: duri e rigidi al tatto, sono realizzati con un basso grado di torcitura, caratteristica che li discosta notevolmente dall’alta qualità delle corde prodotte nel XIX secolo in Italia e Francia. Ricordiamo che una corda scarsamente ritorta, in virtù della notevole rigidità, non permette certo la migliore resa acustica. 114
Va fatto presente che la tensione di lavoro media del cantino non subì in realtà variazioni di sorta rispetto all’Ottocento, se si considera il fatto che all’aumento di circa un tasto incorso nella lunghezza vibrante ad opera degli spagnoli, corrisponde una riduzione compensativa del diametro di corda in uso pari proprio a circa un semitono.
Esaminiamo ora alcuni campioni di corde filate su seta risalenti probabilmente agli anni ’30/’40 da confrontare poi con quelle moderne, in particolare per quanto riguarda il diametro dei fili metallici impiegati, il diametro esterno e il budello equivalente. Come indicato precedentemente, le corde contrassegnate con (a) e (b) provengono rispettivamente dal liutaio Frignani e dalla Torres custodita al Palacio de la Guitarra, mentre quella contrassegnata con (c) è stata messa a nostra disposizione da Kenneth Sparr di Stoccolma.

L’AVVENTO DEL NYLON

Con la comparsa delle poliammidi (il nylon) – siamo alla vigilia della seconda guerra mondiale – lo scenar io cambiò radicalmente. Probabilmente non è noto a tutti il ruolo assolutamente determinante che ebbe Andrés Segovia nel dare impulso all’applicazione dei nuovi materiali sintetici sostitutivi del budello in un periodo storico in cui (c’era la guerra) tutta la minugia disponibile andava utilizzata per fare filo chirurgico ad uso militare.115 In Italia, ad esempio, gli alleati pare abbiano letteralmente “sequestrato” gli ultimi centri produttivi di corde di budello italiani – come ad esempio Salle e Musellaro, in Abruzzo – per destinarli alla produzione massiccia, esclusiva e “Top Secret” di filo da sutura. Questo nuovo indirizzo produttivo è rimasto ancor oggi in vita soppiantando quasi del tutto la produzione di corde armoniche.
In questo scenario, dove trovare corde di budello per uso musicale rappresentava un’avventura impossibile, entrarono improvvisamente in scena, come si diceva, le poliammidi. La palma d’oro della sperimentazione tecnica applicata alla chitarra spetta incondizionatamente al newyorkese Albert Augustine, uno dei liutai conosciuti da Segovia, che, sotto le irresistibili pressioni del Maestro, riuscì nell’intento di perfezionare per fini musicali questo materiale sintetico disponibile sotto forma di filo recentemente scoperto (1938) dal dottor Wallace Carothers, capo ricercatore dei laboratori dell’americana DuPont Company.116 La nuova classe di materiali, che rivelava straordinarie proprietà meccaniche, venne battezzata dalla compagnia stessa con il “cognome” generico di nylon. Il perlon (poliammide 6) rappresentò il capostipite della serie dei nylon e fu subito impiegato per la pesca, per le calze da donna, ma soprattutto per realizzare i paracadute ad uso bellico.
Segovia, già agli inizi del 1947, fu tra i primi a poter provare il nylon grazie a dei campioni di filo (non ancora tali da chiamarsi propriamente corde) fornitigli dal generale Lindenman, personaggio determinante, che egli conobbe fortuitamente durante un ricevimento all’ambasciata spagnola di Washington nel Natale del 1946. Nel corso del ricevimento, Segovia ebbe a lamentarsi casualmente con lui della mancanza endemica sul m e rcato di corde di budello e in particolare dei cantini a causa della guerra (ricordiamoci che proprio la Germania deteneva negli anni ’30 il primato della produzione europea). Il generale in quella occasione gli promise l’invio di alcuni campioni del nuovo materiale che lui stesso avre b b e chiesto confidenzialmente alla DuPont. Il mese dopo alcuni fili di nylon che potevano assomig l i a re ad un cantino di chitarra arrivarono all’hotel dove Segovia risiedeva: li testò immediatamente sul suo strumento intuendone all’istante le grandi potenzialità. Da questo preciso momento l’era del budello finì per sempre. Nonostante lo scetticismo degli esperti della stessa DuPont, Albert Augustine (in collaborazione, pare, anche con la Ditta Mari/La Bella, noti cordai di New York di origine italiana, manifattori di corde di budello )117 riuscì poi, stimolato costantemente da Segovia, nella messa a punto finale dei canti e anche dei bassi con la nuova anima di fiocco di nylon: una sorta di “seta artificiale” insomma.
Questo permise la prima produzione commerc i ale di corde sintetiche per chitarra sotto il marchio “Augustine”. La DuPont sviluppò immediatamente – già nei primi anni ’50 – prodotti più adatti alla musica (dotati cioè di alto modulo elastico e basso assorbimento di umidità) come ad esempio la poliammide 6-12 (meglio conosciuta come Tynex e ancora oggi usata per le corde della chitarra) il cui massiccio uso per la verità si incentrava, allora come oggi, nella produzione di setole sintetiche per… spazzolini da denti.118
Viene da domandarsi se la transizione dal budello al nylon abbia comportato grossi cambiamenti nella scelta dei calibri e nelle tensioni di lavoro: la risposta è sì, ma con gli opportuni distinguo.
La prima considerazione riguarda le proprietà acustiche e meccaniche del nylon negli acuti: senza scendere troppo in dettagli tecnici, peraltro già ampiamente trattati,119 va detto che questo materiale presenta il pregio dello scarso assorbimento di umidità atmosferica (per il Tynex pari al 3% circa a saturazione contro il 20 % circa del budello), un basso costo, una superficie perfettamente lucida – cosa non permessa al budello – e infine una notevole resistenza all’abrasione: questi sono vantaggi meccanici e di affidabilità indubbi, ma che di per sé non incidono minimamente sulla qualità del suono. Per contro, il peso specifico delle poliammidi risulta discretamente inferiore al materiale naturale (1,07 gr/cm3 contro 1,30 gr/cm3 del budello), un grosso handicap dal punto di vista del suono perché si traduce in una resa acustica meno brillante, con un transitorio di attacco meno pronto e più rumoroso del budello, il quale per certi versi tende invece ad assomigliare molto più al carbonio che al nylon. In altre parole, l’avvento del nylon ha causato per la prima volta un allontanamento rimarchevole dalla tradizione acustica indotta fin dalla notte dei tempi dalle corde di budello.
Nei bassi si verificò invece un’autentica rivoluzione: il nylon in forma di multifilamento presenta infatti una resistenza alla trazione talmente superiore alla seta (oltre a possedere un minor grado di assorbimento di umidità atmosferica) da permettere per la prima volta una forte riduzione del diametro dell’ “anima” in favore del filo metallico. La conseguenza di tale modifica è stato un notevole incremento della prestanza acustica dei registri bassi, praticamente sconosciuta ai chitarristi fino ad allora. Tanto per fare un esempio concreto, nella corda di Mi si è passati da un filo di rame arg e ntato di soli 0,30 mm tipico delle corde con anima di seta agli attuali 0,35 mm, a tutto vantaggio del suono. Espresso in altri termini (poiché la qualità sonora – a parità di budello equivalente – dipende da quanto è sottile l’anima utilizzata), se nei primi del Novecento il diametro dell’anima di seta del Mi basso era intorno a 0,70 mm, con il nylon si riduce a soli 0,52 mm circ a : in entrambe le condizioni una corda di basso si trova comunque progettata a lavorare al limite, in pratica uno o due semitoni al di sotto del punto di rottura dell’anima. Ci si accorge facilmente dell’app rossimarsi dell’exitus poiché la corda non c resce più di frequenza nonostante la rotazione della chiavetta della meccanica, mentre si cominciano ad avvertire dei piccoli crepitii dovuti alle fibre che in rapida successione si spezzano all’int e rno della corda stessa.
Va rilevato che i nuovi bassi presentano un cedimento longitudinale maggiore rispetto a quelli con seta; ciò si traduce in un maggior numero di giri alla meccanica prima di poter raggiungere l’intonazione richiesta e questo è un vantaggio per la precisione dell’intonazione stessa.
Per gli acuti si barattò dunque la vocalità del budello con il basso costo, l’affidabilità, la stabilità climatica e di intonazione del nylon. La resa acustica degli acuti divenne però più ovattata e meno brillante (aspetto solo in parte colmato dal carbonio, materiale di brevetto giapponese introdotto in Europa negli anni ’70, il cui peso specifico va ben oltre quello del budello stesso: 1,78 gr/cm3 rispetto a 1,30 gr/cm3 del budello), producendo pertanto una sonorità certamente pronta e incisiva, ma da molti giudicata “emozionalmente fredda”.
Va osservato come la comparsa dei materiali sintetici abbia inevitabilmente comportato un certo appiattimento tecnologico: infatti mentre le corde di budello venivano prodotte artigianalmente da numerosi centri manifatturieri europei dove ognuno seguiva la propria idea di corda, i fili di poliammide vengono fabbricati da pochi produttori internazionali. La maggior parte delle aziende che “producono” corde da chitarra si limitano in definitiva al semplice imbustamento dopo l’acquisto di “stecche” del peso di qualche Kg composte da qualche migliaio di fili di nylon della stessa misura, filo utilizzabile in verità per diversi scopi tra cui anche quello musicale. Va notato come gli intervalli dei calibri commerciali a disposizione dell’acquirente siano stati già da tempo standardizzati – leggi imposti – dalla stessa azienda che effettua l’estrusione del filo. La stessa identica situazione si può rilevare anche per il multifilamento dei bassi, il quale viene venduto in misure standardizzate secondo i criteri derivati dal comparto tessile (visto che esso viene utilizzato principalmente come componente di rinforzo nei copertoni per auto e per usi tessili in genere); si tratta soltanto, in definitiva, di rivestirlo con il filo di rame argentato o di altre leghe – tra cui l’ottone o, più raramente, leghe contenenti una maggior quantità di argento – e tagliare la corda ottenuta a misura commerciale.
Risulta ovvio, pertanto, che le corde prodotte dalle varie marche sono inevitabilmente piuttosto simili – per non dire uguali – tra loro. E non può essere che così, visto che il multifilamento di nylon è praticamente sempre quello per tutti, e che la percentuale tra metallo e multifilamento ha raggiunto ormai da tempo l’ottimizzazione oltre la quale la corda in tensione potrebbe arrivare a spezzarsi prematuramente. Per il nylon dei canti si osserva lo stesso problema, poiché procedono anch’essi per canali di produzione industriale predeterminati. Quanto affermato lo si può peraltro facilmente verificare nella seguente tabella, dove vengono messi a confronto tra loro set di corde per chitarra di alcune tra le marche più note.120

Hannabach serie 815 Low tension, busta verde:

NOTA Ø CORDA Ø FILO MET.* Ø B U D E L L O E Q. TENS.**
mi 0,73 mm / 0,66 mm 8,3 Kg
si 0,85 mm / 0,77 mm 6,4 Kg
sol 1,02 mm / 0,93 mm 5,9 Kg
RE 0,77 mm 0,14 mm 1,47 mm 8,2 Kg
LA 0,91 mm 0,22 mm 1,80 mm 7,5 Kg
MI 1,12 mm 0,33 mm 2,40 mm 6,9 Kg

Hannabach serie 728 MT, Medium tension, nera:
NOTA Ø CORDA Ø FILO MET.* Ø B U D E L L O E Q. TENS.**
mi 0,71 mm / 0,64 mm 7,8 Kg
si 0,83 mm / 0,75 mm 6,0 Kg
sol 1,01 mm / 0,92 mm 5,7 Kg
RE 0,75 mm 0,15 mm 1,46 mm 8,1 Kg
LA 0,93 mm 0,24 mm 1,93 mm 7,9 Kg
MI 1,12 mm 0,34 mm 2,45 mm 7,2 Kg

Hannabach serie 8271 HT High tension, busta blu “flamenco”:
NOTA Ø CORDA Ø FILO MET.* Ø B U D E L L O E Q. TENS.**
mi 0,76 mm / 0,69 mm 9,1 Kg
si 0,85 mm / 0,77 mm 6,4 Kg
sol 1,07 mm / 0,97 mm 6,4 Kg
RE 0,76 mm 0,15 mm 1,51 mm 8,6 Kg
LA 0,95 mm 0,24 mm 1,97 mm 8,3 Kg
MI 1,13 mm 0,34 mm 2,48 mm 7,3 Kg

Hannabach serie 900 Medium tension, busta rosa:
NOTA Ø CORDA Ø FILO MET.* Ø B U D E L L O E Q. TENS.**
mi 0,72 mm / 0,65 mm 8,1 Kg
si 0,84 mm / 0,76 mm 6,2 Kg
sol 1,05 mm / 0,95 mm 6,1 Kg
RE 0,75 mm 0,14 mm 1,48 mm 8,3 Kg
LA 0,93 mm 0,23 mm 1,95 mm 8,1 Kg
MI 1,12 mm 0,34 mm 2,46 mm 7,2 Kg

Agustine Light tension, busta nera:
NOTA Ø CORDA Ø FILO MET.* Ø B U D E L L O E Q. TENS.**
mi 0,75 mm / 0,68 mm 8,3 Kg
si 0,84 mm / 0,77 mm 6,4 Kg
sol 1, 06 mm / 0,97 mm 6,4 Kg
RE 0,76 mm 0,13 mm 1,40 mm 8,2 Kg
LA 0,85 mm 0,17 mm 1,90 mm 7,5 Kg
MI 1,13 mm 0,28 mm 2,35 mm 6,9 Kg

Agustine Heavy tension, busta blu:
NOTA Ø CORDA Ø FILO MET.* Ø B U D E L L O E Q. TENS.**
mi 0,72 mm / 0,66 mm 8,3 Kg
si 0,83 mm / 0,76 mm 6,2 Kg
sol 1, 00 mm / 0,91 mm 5,9 Kg
RE 0,77 mm 0,15 mm 1,44 mm 8,2 Kg
LA 0,94 mm 0,24 mm 2,01 mm 7,5 Kg
MI 1,13 mm 0,34 mm 2,48 mm 7,3 Kg

Savarez-Alliance 540 RH, High tension:
NOTA Ø CORDA Ø FILO MET.* Ø B U D E L L O E Q. TENS.**
mi 0,63 mm PVDF / 0,74 mm 10,5 Kg
si 0,69 mm PVDF / 0,81 mm 7,0 Kg
sol 0,84 mm PVDF / 0,98 mm 6,5 Kg
RE 0,76 mm 0,14 mm 1,48 mm 8,3 Kg
LA 0,84 mm 0,23 mm 1,79 mm 6,8 Kg
MI 1,09 mm 0,34 mm 2,42 mm 7,0 Kg
(Densità PVDF = 1,78 gr/cm3)
Daddario Compositum High tension, busta giallo/nera:
NOTA Ø CORDA Ø FILO MET.* Ø B U D E L L O E Q. TENS.**
mi 0,71 mm / 0,64 mm 7,8 Kg
si 0,83 mm / 0,75 mm 6,0 Kg
sol 1,04 mm / 0,94 mm 6,0 Kg
RE 0,74 mm 0,13 mm 1,43 mm 7,7 Kg
LA 0,94 mm 0,22 mm 1,98 mm 8,3 Kg
MI 1,16 mm 0,33 mm 2,55 mm 7,7 Kg

Ecco ora ulteriori considerazioni. La prima verte sul corista, il quale si stabilizzò (quasi) definitivamente a 440 Hz. Per quanto riguarda la lunghezza vibrante, si osserva che non subisce oggi grosse variazioni rispetto alla chitarra di Torres, eccezioni a parte.
Abbiamo riportato nei grafici n° 1 e 2 l’andamento delle tensioni di lavoro rispettivamente dei canti e dei bassi dei set prima considerati.

Osservazioni:
La cosa che indubbiamente colpisce maggiormente di questi set attuali è l’andamento ancor più fortemente scalare delle tensioni di lavoro rispetto a quelle riferite da Pujol, tali da farle assomigliare a quelle del violino del XIX secolo.
Tensioni che risultano oltremodo suddivise – nell’ambito dello stesso set – in due andamenti indipendenti che riguardano o le tre corde più acute di nylon/PVDF o i tre bassi filati.
Lo scopo di un così bizzarro profilo di tensione, che risulta assai simile tra le varie marche, è finalizzato a recuperare al meglio l’eguaglianza della sensazione tattile di rigidità tra tutte le corde. Si noti nel grafico n° 3 l’andamento tipico dei valori di tensione di tutte le corde componenti un set.
Assolutamente curioso (se non inquietante) che l’ampiezza di tensione di lavoro tra set estremi (‘Light’ ed ‘Heavy’ ) dello stesso modello non riesca a superare il semitono. Si può in aggiunta osservare il caso di alcune corde della versione ‘Light’ che risultano più tese della versione ‘Medium’ e, dulcis in fundo, che quanto stampato all’esterno di talune confezioni (i diametri delle corde, la tensione di lavoro etc.) non corrisponde affatto ai calibri di corda reali, risultati da accurate misurazioni di laboratorio. Si hanno spesso, in altre parole, tensioni e diametri piuttosto diversi da quanto dichiarato sulle buste. S e m p re in tema di tensione, a titolo di esempio, se si prende in esame il diametro in budello equivalente del Mi della serie Hannabach ‘Low tension’ si vede che esso è pari a 2,41 mm. Se si salisse di un semitono (andando a costituire ciò che può essere quasi considerata una Medium Tension) esso arriverebbe ad un ‘budello equivalente’ di 2,55 mm. Ma nella serie ‘High tension’ – che è la tensione maggiore – esso raggiunge solamente il valore di 2,48 mm: soltanto un quarto di tono in più rispetto alla ‘Low tension’. Può essere questa definita una Heavy tension? Similmente, con i due set Agustine presi in considerazione si riscontra che gli acuti in Nylon della tensione ‘Light’ sono in realtà più gro s s i della ‘Heavy’; per i tre bassi invece le cose filano lisce, tranne il fatto che anche qui la distanza tra i due gradi estremi di tensione dei bassi raggiunge a malapena 1/4 di tono. Per i più pignoli precisiamo che i rilievi dei diametri e dei pesi delle corde commerciali sono stati da noi e ffettuati con micro metro di precisione di cui si è verificata la taratura, mentre i pesi delle corde filate – il cui diametro in ‘budello equivalente’ si ricava con semplici calcoli – sono stati ottenuti per mezzo di bilancia per microanalisi con accuratezza pari alla quinta cifra dopo la virgola e in condizioni di umidità costante.

Per completezza di informazione va puntualizzato che le corde degli acuti risultano per loro natura sempre con un certo grado di ovalizzazione e di incostanza del calibro nella loro lunghezza: è conseguenza del fatto che si parte da un materiale allo stato fuso, poi estruso a misura e raffreddato. Per le corde di budello questo fu un aspetto decisamente sconosciuto. Per i bassi, parimenti, esiste sempre una certa fluttuazione del calibro di corda prodotto, a seconda che l’operaio riesca con la sua abilità a garantire con costanza lo stesso tiraggio del filo metallico in fase di avvolgimento sulla bava di Nylon posta in trazione e rotazione. Da prove sperimentali si è visto che tale fluttuazione (qualora sia portata intenzionalmente all’estre m o ) può produrre anche 1/4 di tono di differenza di tensione tra due corde cosiddette uguali (fatte cioè a partire dalla medesima quantità di bava e dal medesimo filo metallico), dove il filo, durante la fase di avvolgimento sulla bava, sia stato però in un caso poco teso e nell’altro caso teso in maniera maggiore.
Questa realtà, che di fatto esiste, apre sicuramente pesanti interrogativi per coloro che si dilettano a studiare ingegnosi e spesso complicati stratagemmi per ben disporre i tasti della chitarra al fine di raggiungere la cosiddetta intonazione perfetta.
Le corde in budello, che non soffrivano di ovalizzazione, erano invece piuttosto tenere tanto da soffrire pesantemente sotto l’azione delle unghie della mano destra e dei tasti metallici. Questo aspetto risulta assolutamente trascurabile con le corde di nylon e carbonio, molto più dure della minugia.

RICAPITOLAZIONE FINALE

Arrivati a questo punto sembra dunque emergere con sufficiente chiarezza che le montature per chitarra e il tipo di corde utilizzate un tempo hanno sempre seguito criteri sostanzialmente differenti da quelli comunemente in uso oggi per le incordature della chitarra barocca, romantica e del primo Novecento. Questo può in parte spiegare l’esilità del suono prodotto oggi su questi strumenti. Per quanto riguarda in particolare la chitarra del “Secolo dei Lumi” appare evidente che si è letteralmente in un altro pianeta, e questo non solo dal punto di vista squisitamente organologico e musicale, ma anche dal punto di vista dell’accordatura, della tipologia di corde e dei diametri in gioco. Al di là dell’affinità costruttiva con gli strumenti di più recente costruzione e a corde singole, sembra così di prendere in considerazione tutt’altro strumento rispetto a quello del secolo seguente. Per quanto riguarda poi quest’ultimo, esso utilizzò in verità diametri di corda assai superiori di quanto sinora ipotizzato, con una distribuzione essenzialmente in eguale tensione tra le varie corde e, per giunta, con i bassi di seta.
Le corde stesse, si diceva, furono probabilmente assai differenti dalle odierne in budello, la cui produzione attuale ottiene corde quasi sempre troppo rigide (e la rigidità influisce negativamente sulla qualità del suono). La produzione italiana e francese di allora puntava invece ad ottenere corde in minugia molto più elastiche e quindi di miglior resa acustica. Va inolt re ricordato che, a differenza di oggi, i musicisti di allora sapevano distinguere con gran facilità a tatto e a vista una buona corda da una cattiva, mentre oggi questa cultura appare quasi definitivamente persa. Si poteva inoltre disporre di montature di corde più o meno forti – a seconda del gusto personale e del tipo di strumento – limitandosi a cercare nella confezione consueta (contrassegnata da una numerazione che indicava la quantità di fili con cui erano costituite tutte le corde del mazzo), per mezzo dell’apposito misuracorde, le corde ritenute adatte. Con l’evoluzione della chitarra, avvenuta nel tardo XIX secolo (Torres), i criteri di scelta di una montatura subirono un cambiamento nel tipo di diametri da utilizzare (più sottili) rispetto all’Ottocento.
Ma la differenza più sostanziale rispetto al secolo precedente si riscontra nel profilo di tensione tra le corde: divenuta ora scalare, permette il recupero di un’omogenea sensazione tattile di rigidità, che era il criterio guida nei secoli che precedettero l’Ottocento.
Va tuttavia osservato come ad una riduzione di calibri di circa un semitono in tensione si aff i a nchi anche un aumento della lunghezza vibrante, pari anch’essa a circa un semitono: ne deriva pertanto – per un fenomeno di compensazione – che il valore medio della tensione totale non subì incrementi o decrementi significativi. Diametro e lunghezza vibrante sono infatti inversamente proporzionali alla tensione di lavoro .
Per quanto riguarda i bassi, se nel Settecento furono prevalentemente costituiti da budello rivestito, con l’avvento della chitarra a sei corde semplici essi furono sempre realizzati utilizzando seta e curando – a parità di budello equivalente – la massima prevalenza del metallo rispetto alla seta. Si ritiene che i bassi in seta – che presentano un resa acustica certamente migliore di quelli con l’anima di budello – possano aver avuto un certo peso nel “lancio” della chitarra a sei corde di più ridotte dimensioni, pur non reggendo assolutamente il confronto rispetto alla bava di nylon.
Con l’avvento del nylon si assistette infatti ad una autentica rivoluzione co p e rnicana che nessuno ha potuto e poteva pre v e d e re, accompagnata però da un certo appiattimento produttivo dovuto alle modalità standardizzate di appro v v igionamento del monofilamento e del multifilamento di nylon. Questi materiali, a diff e renza del budello, sono prodotti ora in larga scala – e a misure rigidamente definite – dalle multinazionali detentrici del brevetto di invenzione, in genere giapponesi (per il carbonio) o americane (per il nylon). I set commerciali per chitarra pre s e n t ano inevitabilmente forti analogie tra loro e solo in parte combaciano con quelli in uso nella prima metà del XX secolo, specialmente nel profilo di tensione delle prime tre corde.
Diversa invece la situazione per i bassi con anima in multifilamento sintetico: in virtù delle migliori qualità meccaniche, la loro resa acustica, rispetto alla seta, è notevolmente migliore; sparisce gran parte dell’effetto “percussivo” tipico delle corde con anima di seta e si ottengono contestualmente maggiore potenza di emissione, ricchezza di armonici superiori – per la verità non s e m p re desiderati – e persistenza di suono.
Un vero e proprio ribaltone dunque: bassi percussivi, poveri di armonici con canti brillanti fino al 1948, bassi brillanti e persistenti ma canti più ovattati invece nei decenni seguenti.
Ma la ricerca non si è dimenticata del budello: gli orientamenti attuali sono indirizzati fortemente nella messa a punto di materiali che rip resentino le prestazioni acustiche tipiche di questo elemento senza i difetti caratteristici già superati a suo tempo con il nylon, quali l’alto costo, l’instabilità ai cambi climatici e la scarsa durata. Ecco dunque che sono comparsi sulla scena nuovi prodotti come il già citato PVDF per le prime corde acute, nuovi tipi di nylon (più tras p a renti e di migliore sonorità come il Cristal, costituito da poliammide 12) seguiti da poco dal Nylgut, materiale di sintesi recentemente applicato alla musica, dal colore bianco translucido, il quale, possedendo la stessa densità del budello, ne rappresenta in qualche modo la versione sintetica più rappresentativa in quanto ha una re s a acustica estremamente simile – se non identica – ad esso. Per contro esso presenta il difetto di ess e re piuttosto tenero rispetto al nylon e al narbonio (come lo è anche il budello, del resto). Il Nylgut, realizzato in forma di multifilamento – in conseguenza della sua elevata resistenza alla trazione – ha di recente permesso un’ulteriore riduzione della quantità di anima nei bassi in fav o re di una maggior quantità di metallo, apre ndo così la strada ad un’inedita generazione di corde filate caratterizzate da una performance globale sorprendente con diametri esterni – soprattutto se realizzate in puro argento – sensibilmente più ridotti. In altre parole un Mi basso può poss e d e re un diametro di poco superiore ad un La tradizionale di nylon. Il diametro dell’anima di Mi di pari grado di tensione è quindi passato prog ressivamente dai 0,67- 0,74 mm tipici della bava di seta ai 0,44-0,50 mm del nylon fino agli attuali 0,30-0,35 mm permessi dalla bava di Nylgut.

CONCLUSIONI

La storia dei produttori di corde, al contrario dei loro colleghi liutai e musicisti, fu sostanzialmente caratterizzata dal quasi totale anonimato.
Molti di loro inoltre non sapevano né leggere né scrivere e le loro umili botteghe vennero allontanate senza troppi riguardi dai centri urbani a causa dell’odore francamente nauseabondo che la produzione stessa comportava. Difficile sapere qualcosa della loro vita privata e ancora più difficile carpire qualcosa di più dei loro segreti di bottega. Ancor più difficoltoso per noi riconoscere che la nobile arte musicale si basò per millenni essenzialmente su tale rivoltante materiale: il budello animale.
Ai cordai va tuttavia riconosciuto il merito di aver reso possibile al suono da pizzico e da arco di esistere e di essere soprattutto controllabile e riproducibile. Quanto basta per permettere alla grandezza dei Bach, dei To r res, dei Sègovia, ma anche al semplice dilettante, di esprimere la propria poesia.
La spinta propulsiva data da Andrés Segovia allo sviluppo dei materiali di sintesi fu letteralmente irresistibile. Il Giorno del Giudizio per il budello era decisamente arrivato: dagli scritti del Maestro, in quegli anni frenetici densi di sperimentazione, traspare senza ombra di dubbio una vera e propria acredine da parte di un grande interprete, quale egli realmente era, che non ne poteva davvero più di corde che si sfilacciavano durante i concerti e, come se non bastasse, di costo elevato, qualità variabile e soggette alle bizzarrie climatiche: “Quelli della mia generazione che si sono dedicati, da professionisti o da dilettanti, alla chitarra ricorderanno come me quanto abbiamo tribolato quando avevamo soltanto c o rde di budello e di seta, malgrado i volonterosi sforzi dei direttori della Pirastro o di Herm a n n H a u s e r, ad esempio, che portarono i loro prodotti al massimo grado della perfezione per quei temp i . ” E ancora: “Mi irritavano sempre di più il suono stridente della prima, a volte piuttosto off e nsivo per un orecchio sensibile, la mancanza di dolcezza della seconda e il veramente ruvido e s c u ro timbro della terza. Il suono poi della quarta, quinta e sesta si spegneva subito.” Con Segovia insomma si chiude per sempre il millenario legame simbiotico degli strumenti musicali a pizzico ai materiali naturali quali budello e seta. Ma come succede spesso alle persone fortemente motivate verso una causa importante, egli si dimenticò di ricordare ai posteri le cose buone riposte in ciò che combatteva; nello specifico, la caratteristica che fa comunque del budello un materiale assolutamente unico, dotato quasi d’anima: la sua irresistibile tendenza alla “vocalità”. L’imitazione, cioè, della voce umana.

 

  1. STEFANO GRONDONA – LUCA WALDNER,La chitarra di liuteria, L’Officina del Libro, Sondrio, 2001
  2. Basti pensare che a tutt’oggi in Italia i centri produttivi

di corde di budello ad uso musicale sono soltanto tre, situati a Salle, Vicenza e Napoli.

  1. LUIGI FORINO,Il violoncello, il violoncellista ed i violoncellisti,Hoepli, Milano, 1930, 2a ed., p. 55: “Le corde tedesche hanno il pregio della resistenza e, come tutti i prodotti di quella nazione, hanno anche quello del buon prezzo. Sono corde levigatissime, dure al tatto, tanto da sembrare di acciaio: anche il suono risente di tale durezza”.
  2. EMILIO PUJOL,Escuela Razonada de la Guitarra, basada en los principios de la técnica de Tárrega, Libro Primero,Ricordi Americana, Buenos Aires, 1934, p. 33. L’Escuela fu data alle stampe nel 1934 ma la sua stesura poteva risalire quasi certamente alla fine agli anni ’20. Le misure di corda riportate possono con tutta probabilità coprire anche tale periodo storico.
  3. CARL FLESH, The art of violin playing,2 voll., Fischer, New York, 1924-30 (edizione originale, DieKunst des Violinspiels, 2 voll., Ries, Berlin, 1924-8).
  4. La manifattura di corde particolarmente ‘dure’ potrebbe spiegarsi con il tentativo di aumentarne la durata e la stabilità di intonazione, seppur a discapito del suono. In tal senso devono essere forse interpretati la maggior parte dei brevetti sulla manifattura delle corde di budello di questo scorcio del secolo, soprattutto ad maggior parte dei brevetti sulla manifattura delle corde di budello di questo scorcio del secolo, soprattutto ad opera di ricercatori tedeschi opera di ricercatori tedeschi.
  5. ANDRÉS SEGOVIA,Guitar strings before and after Albert Augustine,“Society of the Classical Guitar”, New York, 15 October 1954.
  6. Vedere la Home Page della DuPont Company (www.DuPont.com) alla voce “Polyammide
  7. Comunicazione privata all’autore di Richard Cocco, presidente della E.O. Mari inc., anno 2001
  8. Vedere la Home Page della DuPont Company alla voce “tynex”.
  9. FRANZ JANHEL,Die Gitarre und ihr Bau, Verlag Das Musikinstrument, Frankfurt am Main, 1977
  10. Le confezioni di corde sulle quali abbiamo effettuato le misurazioni qui riportate sono state da noi acquistate nel 2000 in un negozio di accessori musicali di Vicenza.